Gli esercizi di autoaffermazione per ridurre l’ansia e lo stress
Negli anni ho pensato che gli psicologi sperimentali avessero una vena sadica.
David Creswell, David Sherman e altri colleghi hanno sviluppato un esperimento in cui veniva chiesto ai partecipanti di tenere un discorso improvvisato di fronte a un gruppo di esaminatori.
Inoltre, come se parlare in pubblico non fosse già abbastanza stressante, i giudici furono esortati a mantenere un’aria severa e inavvicinabile.
Ai partecipanti è stato imposto di trascorrere i cinque minuti successivi al discorso contando ad alta voce da 2.083 a zero per decrementi di tredici, mentre gli esaminatori li incalzavano urlando: «più veloce!»
Il test è stato chiamato Trier Social Stress Test (TSST). Tale metodologia è stata concepita per portare lo stress al massimo grado, per far sì che gli psicologi potessero studiare il modo in cui le persone reagivano.
Un incubo d’ansia sociale.
In molti, moltissimi studi, l’essere sottoposti al TSST aveva determinato un picco nella produzione di cortisolo, un ormone che viene prodotto dal nostro organismo per far fronte allo stress.
Creswell e Sherman hanno così voluto indagare se esercizi di autoaffermazione potessero andare ad aiutare le persone in situazioni d’ansia.
In uno di questi i soggetti coinvolti esaminavano un elenco di valori fondamentali condivisi come: famiglia, amici, salute e forma fisica, creatività, tenacia nel lavoro, successo professionale, religione, gentilezza, attenzione al prossimo e così via.
Sceglievano poi uno o due valori che ritenevano cruciali per la loro identità, più vicini alla loro personalità e spiegando per iscritto perché fossero importanti per loro, raccontando un’occasione in cui si erano dimostrati tali.
Nello studio Creswell-Sherman, le persone che avevano descritto i valori personali per loro più importanti presentavano livelli di cortisolo significativamente inferiori ai membri degli altri gruppi.
Di fatto, il gruppo dell’autoaffermazione non ha subito alcun innalzamento dei livelli di cortisolo.
Dichiarare quel che potremmo definire il loro sé migliore – ricordare a sé stessi i loro più preziosi punti di forza – li ha protetto dall’ansia.
Molti anni dopo, l’équipe di Creswell e Sherman ha replicato i risultati con una fonte di stress presa dal mondo reale: gli esami di medio termine all’università.
Questa volta ha misurato negli studenti la concentrazione di adrenalina «prima e dopo», l’ormone che segnala la stimolazione del sistema nervoso simpatico (la risposta combattio-fuggi).
Gli studenti che avevano eseguito esercizi di autoaffermazione nelle settimane precedenti agli esami non mostrarono alcuna variazione nei livelli ormonali, mentre negli altri aumentarono nelle settimane che precedevano l’esame.
Inoltre, all’inizio dell’esperimento tutti gli studenti erano stati sottoposti a un sondaggio per appurare quanto temessero un giudizio sociale negativo (con frasi come: «al college, mi preoccupo che gli altri mi ritengano poco intelligente se vado male agli esami» e «spesso ho paura di non piacere agli altri»).
Quelli che risultavano più preoccupati hanno tratto il massimo beneficio dall’affermazione dei loro valori fondamentali.
Di fatto, l’autoaffermazione sembra operare al meglio quando si è sottoposti a forte pressione e la posta in gioco è alta.
L’aspetto sorprendente di questi risultati è che i partecipanti affermavano i loro valori personali fondamentali e non capacità attinenti allo specifico compito da affrontare.
Non avevano bisogno di convincersi di essere bravi a parlare in pubblico per avere la sicurezza necessaria a tenere il discorso: bastava che facessero affiorare una parte importante del loro sé migliore.
Ricordarci chi siamo, oltre a migliorare la fiducia in noi stessi e le performance nello svolgimento di compiti definiti, può migliorare la nostra stessa vita.
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